Negli ultimi vent’anni, nel settore dell’informazione, abbiamo assistito alla riduzione delle redazioni, ai licenziamenti di massa e al costante declino delle notizie regionali su scala globale. In questo panorama innegabilmente desolante, le opportunità di lavoro fisso sono diminuite e il freelance sta diventando la nuova normalità per i futuri giornalisti.

Rientrando nell’ambito della gig economy digitale, i freelance possono aspettarsi di “crescere e lavorare” in questa nuova realtà. Alcuni possono pubblicare i propri contenuti utilizzando nuove piattaforme di monetizzazione come Patreon e Substack, ma anche cercando di ottenere commissioni più tradizionali dalla stampa nazionale e di settore.

Si tratta di un enorme cambiamento sociale, culturale ed economico nella produzione e distribuzione di contenuti giornalistici. I giornalisti si chiedono: quanto è sostenibile una professione che si basa sulla cultura della fretta?

Questa è stata la domanda principale che ha guidato la nostra recente indagine sui guadagni, i contratti e i diritti d’autore dei giornalisti freelance del Regno Unito. Finanziata dalla UK Authors’ Licensing and Collecting Society in collaborazione con il National Union of Journalists, la nostra indagine ha raccolto dati sui guadagni di quasi 500 giornalisti freelance del Regno Unito.

Non si tratta di notizie dell’ultima ora. Non si tratta di opinioni infondate.


Finanziamenti e reddito


I nostri risultati dimostrano che la stragrande maggioranza dei freelance “a occupazione primaria” (quelli che dedicano più del 50% del loro tempo all’attività di freelance) guadagna meno del salario minimo nel Regno Unito – in genere 17.500 sterline all’anno. Non si tratta certo di una carriera lucrativa che può incentivare le persone a rimanere o incoraggiare i nuovi arrivati a entrare nel mondo del lavoro. I nostri intervistati hanno confermato che esiterebbero a incoraggiare un giovane a diventare un freelance al giorno d’oggi, viste le scarse prospettive offerte da questa professione.

I bassi livelli di reddito dei freelance sono stati attribuiti a una serie di fattori complessi legati alle nuove tecnologie e ai nuovi modelli di business, in particolare al passaggio dalla stampa fisica alla distribuzione digitale dei media. Per questo motivo, le autorità di regolamentazione di tutto il mondo stanno attualmente valutando in che misura le piattaforme online che ospitano contenuti giornalistici, come Google o Facebook, debbano pagare per l’utilizzo di tali contenuti, come potenziale via per migliorare le entrate delle redazioni (in teoria, a vantaggio dei giornalisti).

Dal punto di vista dei politici, far sì che le big tech si assumano la responsabilità di sovvenzionare la professione giornalistica è una prospettiva allettante, date le tasche profonde delle aziende tecnologiche. Ma la nostra ricerca suggerisce che l’uso di contenuti giornalistici da parte delle big tech è solo un fattore (relativamente piccolo) tra i tanti che influenzano il reddito dei freelance.


Abbiamo invece scoperto che il potenziale di guadagno quotidiano è influenzato in modo più negativo dalle pratiche commerciali incoerenti e spesso predatorie degli editori di giornali. Spesso si tratta delle stesse entità che esternalizzano il giornalismo ai freelance.

Per esempio, abbiamo scoperto che i freelance considerano i contratti – una delle più importanti tutele legali – sempre più rari. Il 65% dei freelance ha lavorato con contratti informali, che vanno dai messaggi WhatsApp e dalle e-mail agli accordi “dietro la busta”. E, cosa ancora più preoccupante, abbiamo scoperto che il 40% ha lavorato senza alcun contratto, se non era stato offerto all’inizio della commissione.

Anche quando i giornalisti hanno firmato un contratto, è difficile considerarlo uno sviluppo positivo. Poiché i committenti continuano a considerare il freelance come un mercato di acquirenti, la mancanza di potere contrattuale del freelance si traduce di solito nell’offerta di condizioni (sfavorevoli) sulla base dell’accordo o dell’abbandono.

Uno degli intervistati li ha descritti come “contratti quasi a zero ore che non offrono alcuna stabilità per il futuro o per le famiglie”. Le clausole problematiche vanno dal pagamento solo al momento della pubblicazione, alla continua stagnazione delle tariffe, ai ritardi nei pagamenti e al declino delle “kill fees” (pagamento per storie che alla fine non vengono pubblicate).

Anche il potenziale di guadagno a lungo termine è seriamente limitato nella corsa all’accaparramento dei diritti: quasi la metà (47%) dei freelance cede i propri diritti d’autore agli editori al momento della pubblicazione. Di conseguenza, i freelance perdono la possibilità di guadagni futuri attraverso le royalties o i diritti di licenza per le ripubblicazioni o gli adattamenti del loro lavoro.

Chi può essere un giornalista oggi?


Inevitabilmente, il risultato di un reddito di base invivibile e di condizioni di lavoro precarie è che ci sono limitazioni su chi può effettivamente diventare un giornalista freelance. I nostri risultati indicano che i freelance devono fare affidamento su altre fonti di reddito, da un altro lavoro o da un partner, per sostenere la propria carriera.

Ciò ha creato nel settore l’aspettativa che tutti abbiano un reddito aggiuntivo, con conseguente “esclusione” dei gruppi demografici emarginati. Ad esempio, abbiamo scoperto che quasi due terzi (63%) degli intervistati provengono da un contesto associato ai più alti livelli di privilegio sociale ed economico, rispetto al 23,5% della popolazione generale del Regno Unito.

Ciò suggerisce che la traiettoria del reddito e la diversità della professione sono strettamente interconnesse: i freelance devono essere in grado di “pagare per giocare”.

La nostra ricerca richiede inequivocabilmente il sostegno di un giornalismo sostenibile e di qualità, al fine di sostenere il futuro delle società democratiche. Suggeriamo che l’alto valore del giornalismo dovrebbe tradursi, come minimo, in un salario vivibile.

Al momento, però, la mancanza di un controllo normativo sulla professione e i livelli sproporzionati di potere contrattuale mettono a serio rischio la sostenibilità del lavoro freelance.


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *